Showing 5 Result(s)

LABIRINTO SPINATO – Attraversati

Foto di : Danilo Reato – Martine Raibaldi – Louis-Phillipe – Marie Blondeau

Louis Philippe 10/10/21

Siamo abituati a pensare, da tempo immemore, alla maschera come ad un orpello giocoso che serve solo ad occultare la nostra identità e mescolarci così nel delirio collettivo di un carnevale che vorremmo senza fine, in cui una volta all’anno ci è concesso fare i pazzi, come ricordavano gli antichi: semel in anno licet insanire (una volta all’anno è permesso fare i pazzi),  ma la maschera, in realtà, svela e mette a nudo le nostre più recondite o inconsce fantasie infantili e le presenta senza veli sul palcoscenico del mondo. Oggi, purtroppo, la quotidianità trasforma la versione minore della maschera in una drammatica necessità, mal sopportabile, se vuoi, perché non frutto di scelte personali, ma, appunto necessaria, capace di tutelare noi e gli altri da nefaste conseguenze sanitarie.

Gualtiero Dall’Osto, mascarer d’antica tradizione e, soprattutto, artista per passione, ci invita a riflettere con questa sua azione teatrale e si pone una fondamentale domanda: E se la maschera oltre all’apparenza esteriore, fosse lo specchio dell’inconscio, o meglio avesse un’anima propria, un cuore pulsante con cui confrontarci? Allora con quel Dentro e Fuori dovremo prima o poi fare i conti, o addirittura arrivare allo scontro definitivo.

Una maschera ingigantita  e rotante si rivela così lo strumento migliore per mostrarci l’esteriorità e l’interiorità grazie anche alla complicità dell’arte globale, infatti  la musica e la danza con le coreografie della ballerina Grazia La Naia e delle sue affiatate allieve di “Pianeta Danza” di Mogliano Veneto e l’apporto tecnico di Marie Blondeau ci accompagnano per mano verso questa incredibile  rivelazione e ci insegnano con la loro avvenenza  ed eleganza come dipanare la matassa di questo intricato  labirinto della ragione. Ed ora, spettatore, parafrasando l’ultima Biennale, grazie all’arte, l’auspicio è solo  questo: Che tu possa vivere in tempi interessanti!

Danilo Reato

Villa Farsetti,

Santa Maria di Sala, 10 ottobre 2021

Performance

Opere

Backstage

L’Urlo Muto della Serenissima Dinosaura

Performance artistica “L’Urlo Muto della Serenissima Dinosaura” di Gualtiero Dall’Osto
eseguita il 22 Settembre 2019 nella Pescheria di Rialto, Venezia.
Evento realizzato con la partecipazione alla regia di Valentin Rosca, primo ballerino del
Teatro di Rivista “Constantin Tanase” di Bucarest, e con la partecipazione aggiuntiva di
Giulia Bona, Gaia Dall’Osto, Daniela Schiavo, Carlo Setti e Tobia Dall’Osto.
Documentazione fotografica a cura di Danilo Reato e Maurizio Torresan.

L’Urlo Muto della Serenissima DinosauraGualtiero Dall’Osto
di Danilo Reato

In tre modi muoiono le città: quando le distrugge un nemico spietato; quando un popolo straniero vi si insedia con la forza […]; o, infine,  quando gli abitanti perdono la memoria di sé, e, senza nemmeno accorgersene, diventano stranieri a se stessi, nemici di se stessi”– così,  l’archeologo e critico d’arte Salvatore Settis mette in guardia i veneziani dall’unica possibile tragica conclusione senza una totale inversione di rotta: “Venezia può morire se perde la memoria, se non sapremo intenderne lo spirito e ricostruirne il destino”. Ma sapremo fino in fondo cogliere quel disperato messaggio in bottiglia che fluttua ormai  da tempo sulle ultime aquegrandi che sommergono, non solo oggetti e persone, ma anche i ricordi estremi di una città che muore, quasi senza lamentarsi, cadendo nell’oblio di sé più assoluto?
È proprio da queste amare considerazioni che parte la perfomance artistica L’Urlo muto della Serenissima dinosaura, ideato dal maestro mascarer Gualtiero Dall’Osto con le coreografie di Valentin Rosca, primo ballerino del Teatro di Rivista “Constantin Tanase” di Bucarest. L’azione teatrale   si è svolta, nel settembre scorso, nel contesto più azzeccato: la Giornata dell’Artigianato, all’interno della splendida cornice della Pescheria di Rialto, uno dei luoghi della quotidiana sofferenza della città-pesce che vede a poco a poco morire lentamente tutte le sue più vitali e necessarie attività. Il tutto  nasce da una profonda riflessione legata al mondo dell’artigianato veneziano e alle avversità e ai drastici mutamenti che gli antichi mestieri soffrono ai nostri giorni. Una città come Venezia, artificiale per eccellenza,  nata per opera  del lavoro di tanti artigiani creativi, ha bisogno, più di qualsiasi altra al mondo, per la sua futura sopravvivenza proprio di quelle “mani intelligenti” e invece quegli antichi mestieri, un po’ alla volta dimenticati, tramontano inesorabilmente o si lasciano emigrare altrove. Questo è l’amaro destino e proprio per risvegliare l’orgoglio e le coscienze degli ultimi veneziani che è stata ideata questa particolare danza macabra.
Ecco allora incedere lentamente sulle note di Casta Diva  di Vincenzo Bellini il ballerino Valentin Rosca portando verso l’ara sacrificale una maschera gigantesca per poi appoggiarla lungo il suo corpo disteso, mentre quattro aiutanti, interpretati  rispettivamente da Giulia Bona, Gaia e Tobia Dall’Osto, Daniela Schiavo e il maestro mascarer Carlo Setti, tendono un lindo e  bianco sudario su cui Dall’Osto, vergando col rosso sangue, con gesto bilioso e selvaggio, alla maniera del maestro Emilio Vedova, sintetizza le drammatiche lacerazioni vissute dalla odierna Serenissima: “Guernica del nostro tempo, Patrimonio incompreso dell’umanità, Riserva artigiana, SOS Laguna, Paga il ticket e  fatti un selfie,  Hotel Venezia take away.”
La maschera allora ha un improvviso sussulto di vita, risorge, ingurgita e poi rivomita il sudario macchiandosi di rosso sangue  e alla fine quel sudario si trasforma in un  manifesto di denuncia innalzato  come a  sipario a chiusura dell’azione scenica.
La performance di Dall’Osto vuole dunque essere un modo di reagire in controtendenza  a questa “eclissi della memoria” e mettere a disposizione degli abitanti e  di tutti quelli che non si  riconoscono e non accettano più passivamente questo ruolo da fantasma, o da dinosauro in via di estinzione, ruolo che una forzata vocazione turistica, da altri voluta e sostenuta e mal digerita dai suoi ultimi abitanti, ha ormai  da tempo assegnato ed imposto in modo pesantemente coercitivo a tutta la città.